“Madre Parallelas” di Pedro Almodovar.

Ancora una volta l’iberico Pedro Almodovar scaraventa il suo pubblico nelle trame di famiglie scombinate rigorosamente  femminili: madri, nonne, zie, amiche e amanti che, sfuggendo al retaggio maschile, hanno imparato ad essere indipendenti grazie ai più disparati giochi di complicità. Le donne almodovariane sempre  sull’orlo di una crisi di nervi  nomadi nell’amore  sperimentano quelle illusioni che le fanno precipitare negli abissi della sofferenza. .

In “Madre parallelas”, film d’apertura della 78esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, le due protagoniste Janis (Penelope Cruz) e Ana (Milena Smit) fluttuano in un universo pulsante di emozioni contrastanti, intrappolate in situazioni apparentemente assurde ma prologo di una dolorosa riflessione politica. “Dai sorridimi con gli occhi”, chiede Janis ad Arturo, l’antropologo forense protagonista del suo shooting fotografico. Tra scatti e sguardi complici , Janis e Arturo si scoprono essere  amanti innamorati anche se la storia personale  della donna è attraversata da  fantasmi laceranti.

Sarà proprio Arturo che aiuterà la fotografa nella grande promessa fatta a sua nonna: restituire degna sepoltura al bisnonno, un desaparecidos della Guerra Spagnola.

Il ticchettio dell’orologio biologico avverte Janis che il suo tempo per una maternità sta per scadere, ma una fugace notte di passione con Arturo la renderà madre. Ana invece è una stupenda adolescente, una pura di cuore in cerca di una sua identità, essendo cresciuta nell’indifferenza. La patita gravidanza di Ana è frutto di uno stupro di gruppo, vissuta inizialmente con riottosità e sofferenza.

Le due donne sono sole e prossime al parto. Si incontrano e familiarizzano nella stessa stanza di ospedale, danno alla luce lo stesso giorno due femmine che diventano compagne di culle per poco tempo. Un sinistro errore bagnerà di ambiguità la loro maternità trascinando Janis nella contraddittorietà menzognera : Almodovar salda il loro forte vincolo con inaspettate intese. Janis vive una genitorialità doppia e non esclusivamente biologica: tenta di spiegare ad Ana il significato di memoria storica nella società e quanto sia doveroso schierarsi per garantire una l’identità-baluardo  alle future giovani generazioni. È dunque genitrice della sua piccola Cecilia e forse anche di Ana: quest’ultima attraverso la figlia Anita ricomincia finalmente vivere. Un inaspettato e tragico evento recide la sua gioia.

Ma Arturo insegna alle due donne che  la maternità non è una questione  solo di femminile  l’uomo  osservando la bambina di Janis nella culla   non la riconosce come sua  figlia. È da questo momento che un terribile dubbio si impossessa della donna e la necessità di sapere di chi siamo diventa per la donna un assunto perentorio. Eventi inverosimili diventano credibili con Almodovar, le  verità storiche si incrociano con maternità complesse riesumando ciò che resta di quegli antenati nel grembo della Spagna. Volti dolenti e tante emozioni ci fanno riflettere ancora una volta

Paola Olivieri.

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