COLD WAR
Regia di Pawel Pawlikowski
Presentato in concorso alla 71° edizione del Festival di Cannes (2018), vincitore della Palma d’Oro.
Cast composto da Tomasz Kot, Agata Kulesza, Joanna Kulig, Borys Szyc, Cédric Kahn, Jeanne Balibar, Adam Woronowicz, Adam Ferency, Slavko Sobin
19/06/2019Attraverso Wiktor e Zula, protagonisti dello struggente “Cold War”, il regista polacco Pawel Pawlikowski racconta una grande storia d’amore vissuta durante la guerra fredda, per omaggiare il ricordo dei genitori scomparsi nel 1989 poco prima della caduta del Muro di Berlino. “Erano tutte e due persone forti e meravigliose, ma come coppia un disastro totale”, ricorda Pawlikowski, che evidenzia come i 40 di vita di coppia dei genitori fossero stati un continuo prendersi e lasciarsi, punirsi a vicenda, separarsi e rincorrersi da una parte all’altra della “cortina di ferro”.”.
La verosimiglianza tra coppia reale e immaginaria è generica, ma rappresenta per il regista un modo per evidenziare quell’incompatibilità di vivere stabilmente insieme e al tempo stesso quel folle desiderio di ritrovarsi quando si è lontani.
Precipitati nel 1949 in una Polonia povera, piagata dai postumi della guerra, senza elettricità, gli etnomusicologi Wiktor ed Irene stanno dando vita alla compagnia itinerante delle Mazurek, ricercando brani musicali folkloristici e giovani del popolo capaci di interpretarli. Il successo di quest’identità culturale riscoperta richiamerà l’attenzione del regime, che intravede in essa uno strumento di propaganda.
E’ in una delle tante audizioni che avviene l’incontro tra Zula e Wiktor: lui la preferisce subito ad un’altra candidata che ha migliori capacità canore, tra loro è passione rovente.
Il regista pedina, attraverso splendidi primi piani, il lato emozionale di Zula, che emana un fascino magnetico. La ragazza ha un passato oscuro, su cui grava l’ombra dell’assassinio del padre, che forse voleva abusare di lei. Mente sulle proprie origini contadine perché vuole entrare nella compagnia delle Mazurek e sfuggire così alla miseria.
La vitalità di Zula fa subito breccia sul timido Wiktor, completamente diverso da lei: silenzioso, tormentato, apparentemente passivo, è un eccellente pianista che ha studiato all’estero, forse a Parigi, prima della guerra. In una scena chiave del film l’uomo suona al pianoforte un tema musicale, “Loves You Porgy” di George Gershwin, chiedendo a Zula di cantarlo. Ama follemente il jazz ma si sente limitato nella sua libertà artistica e interiore perché è vietato dal regime. L’ingiusto licenziamento di Irene scatena in Wiktor un’ulteriore ribellione verso il potere, tanto da spingerlo a sconfinare nel blocco occidentale, cercando nuove opportunità nonostante il fortissimo legame con Zula. Un veloce stacco di macchina precipita lo spettatore in un locale parigino, mentre Wiktor suona in Jazz club. Zula esiterà a seguirlo, forse perchè legata al suo paese.
Nonostante questa fuga, il legame d’amore tra i due non si spezza. Dal 1949 al 1964 vivranno un impetuoso quanto fragile amore, fatto di incontri pericolosi in città europee come Varsavia, Spalato e Parigi, mentre gli scorci dei luoghi oltre cortina raccontano le evoluzioni sociali e politiche.
Un film apparentemente silenzioso, ma che nasconde un magma di contraddizioni. Tra alti e bassi, i due protagonisti provano a legarsi con altri i partner, ma queste relazioni si riveleranno fallimentari. La scelta registica del trasfigurante bianco e nero rende ipnotica questa storia, i giochi di luce, le mille sfumature, le dissolvenze sottolineano quelle emozioni traslate nei loro volti, capaci di aprire e chiudere nuovi capitoli della loro vita.
Mentre lo spettatore viene precipitato in una dimensione fantasmagorica, l’obbiettivo della macchina da presa mette a fuoco le conflittualità della coppia, intrappolata in un amour fou che sembra sempre implodere, ma che invece, con tutta la sua forza, si rivelerà condizionante. Nel 1957 la permanenza dei due a Parigi, che dovrebbe significare la felicità ed appagamenti artistici, si trasforma in un Inferno perchè Zula, che canta nei locali, si ubriaca e qualche volta barcolla, in tutti i sensi. Preferirà, all’improvviso, tornare al suo paese.
E’ dentro questo clima di atemporalità che si susseguono inquadrature ad alto contenuto poetico, che sprigionano un dirompente fiume di emozioni in cui fluttuano i “nostri” sognatori, votati alla sconfitta. Se i dialoghi sono brevi, la musica assurge a funzione narrante, scandendo quei momenti nei quali per i due si aprono e chiudono nuovi orizzonti di vita.
Quando Zula rimpatria, Wiktor decide di seguirla in Polonia e conosce il terribile destino a cui andrà incontro, finendo in carcere. Sarà Zula, attraverso un tacito accordo, a farlo liberare. Ma per i due non c’è più futuro. Quell’amore che si è nutrito di contrasti non ha più orizzonti. Inseguiti dal ricordo del loro primo incontro, ritorneranno nella chiesa ortodossa in rovina già apparsa nelle prime immagini, cercando di legarsi in una dimensione che trascende la realtà.