Bohemian Rhapsody regia di Dexter Fletcher

BOHEMIAN RHAPSODY

Regia di Dexter Fletcher

“Bohemian Rhapsody”, diretto da Dexter Fletcher, è un’opera biografica musicale di grande coraggio. Era infatti un’operazione complessa e rischiosa far rivivere la leggendaria band dei “Queen” e del suo capo carismatico Freddy Mercury. Già il titolo del film rappresenta un omaggio ad un brano originalissimo e pieno di significazioni composto dallo storico gruppo, un intreccio sapiente tra musica lirica ed elementi  heavy metal.

Uscito il 29 novembre, il film sta facendo centro al box office perché coinvolgente, emozionante, un tributo musicale – cinematografico che il pubblico attendeva da troppo tempo. Un tuffo musicale nel Golden Age di questo gruppo british composto dal performer aggressivo quanto grintoso Freddy Marcury (interpretato dal bravissimo Rami Malek), dal chitarrista Brian May (Gwilym Lee), dal batterista Ben Hardy (Roger Taylor) e dal bassista John Deacon (Joseph Mazzello).

La verosimiglianza fisica tra attori e leggende è impressionante e getta il pubblico in un viaggio a ritroso nel tempo: l’eccezionale make-up di Freddy ed i sapienti quanto ipnotici giochi di macchina, rievocano il suo carisma, capace di erompere nei palchi di tutto il mondo grazie ad un istrionismo coinvolgente.

“Bohemian Rhapsody” si apre con Freddy Mercury che si prepara meticolosamente per il grandioso concerto Live Aid del 13 luglio 1985, curiosamente osservato dai suoi gatti, a voler sottolineare la grande passione felina che non lo abbandonerà mai neanche negli ultimi giorni della sua vita.

Quest’esibizione di Mercury insieme al suo gruppo fu catalizzante: in quello che è stato definito il più grande collegamento via satellite di tutti i tempi, Mercury cantò “Bohemian Rhapsody”, “We Will Rock You” e “We Are the Champions”, facendo restare quei minuti nella storia della musica pop.

Sempre con altrettante sequenze musicali dello stesso concerto si chiude il film. E’ qui che Freddy tocca l’apice della sua carriera?  Forse. Dal palco vede una folla in delirio, ma anche un destino che gli regalerà pochi anni di vita. Muore di Hiv il 24 novembre del 1991, a 45 anni. Il giorno precedente aveva annunciato al mondo di aver contratto il virus, lasciando increduli i suoi fans, come la prematura morte.

Attraverso il film, il regista ripercorre non solo quindici anni di grande musica, fatti di lunghissimi tour nel mondo e di una ventina di album, ma anche la sua vita.

L’ascesa di Freddy Mercury è stata una sfida. Il suo vero nome era Farrouk Bulsara, nato a  Zanzibar nel 1946  da genitori di etnia Parsi: in Inghilterra era un immigrato, ma in questa terra di approdo muoverà i suoi  primi passi e l’incontro con Brian May (chitarrista) e Roger Taylor (batterista) saranno il biglietto per un grande futuro.

Nel biopic appare il giovane Farouk poco allineato con le tradizioni Parsi. I contrasti con la sua famiglia di origine non mancano, mentre avverte che nel suo destino c’è il successo. Come avverrà l’incontro con Mary, l’amore della sua vita? Accettiamo qualche licenza filmica da molti criticata e lasciamoci guidare dentro una personalità dalle mille sfaccettature.

Di grande impatto sono i momenti nella sala di incisione, gli arrangiamenti musicali capaci di cambiare i brani, il coraggio di creare un legame tra lirica e rock, i divertenti battibecchi così come gli scontri tra membri del gruppo che magicamente ci avvicinano sempre più ai miti. Eguagliare Freddy Mercury è impossibile, ma Rami Malek ne ha colto l’essenza.

Buca il grande schermo quella fierezza e sicurezza del proprio talento musicale, fiume in piena capace di esprimere amore, rabbia e dolore e di infrangere tabù indossando abiti da macho e al tempo stesso sperimentando movenze ammiccanti. Non dimentichiamoci che era il periodo della ribellione e dell’ambiguità, nel quale furoreggiavano David Bowie, Lou Reed, Marc Bolan.

Il regista non si dimentica dell’altro volto di Farouk, del cambiamento di rotta nella sessualità, della fine della storia con Mary, dei fatali eccessi fatti di droghe, alcol e sesso sfrenato, accompagnati da quel grandissimo vuoto che provava dentro. Dispiace soltanto che il film non ci riveli gli ultimi anni della vita di Freddy Mercury. Evidentemente il regista ha voluto puntare i riflettori solo sulla leggenda.

Paola Olivieri

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