Amare la filmografia di Luca Guadagnino significa vivere particolari atmosfere in luoghi straordinari, incastonati sempre in una fotografia di grande impatto, che ha una matrice evocativa di sfumature emozionali confinate tra ragione e sentimento.
In “Chiamami col tuo nome chiama” il regista, ancora una volta porta in scena la borghesia che, entrando in contatto con le brucianti passioni, si procura un destino vulnerabile più che mai, costretta a vivere il presente attraverso una sensibilità prologo di inaspettate scelte. Le declinazioni dell’amore diventano così il filo conduttore della trilogia di Guadagnino “Io sono l’amore”, “A Bigger Spash” e “Chiamami col tuo nome”, vissute intensamente da personaggi sempre ben tratteggiati che precipitano verso stravolgimenti emotivi.
La passione bruciante di Emma per il giovane chef stellato di “Io sono l’amore indicherà alla donna, iniziata al lusso sfrenato dal gelido marito, una via di fuga verso la riacquisizione della propria identità.
La nostalgia di un passato grandioso trafiggerà i protagonisti di “A bigger splash” e sarà capace di far infrangere le loro ultime barriere, intrappolando la protagonista Mariane (Tilda Swinton) in un presente ove i delitti non sono seguiti da nessun castigo.
La scoperta dell’amore di Elio ( T.Chalamet) per Oliver (A.Hammer) in “Chiamami col tuo nome”, tratto dal romanzo omonimo di Andrè Aciman e sceneggiato da James Ivory, renderà indimenticabili alcuni giorni di una calda estate. Di questa ultima fatica cinematografica, che si è aggiudicata l’Oscar per la miglior sceneggiatura non originale, il regista dichiara che “è il viaggio di un uomo alla scoperta di se stesso, attraverso l’esplorazione della bellezza“ (www.rollingstone .it del 27 gennaio 2018) mentre il critico cinematografico Paolo Mereghetti stila su Corriere.it un riflessione condivisibile, affermando che “è una storia d’amore, ma è anche qualcosa di più …prosegue il sogno di un mondo accogliente e comprensivo”.
Il film è ambientato in una calda estate del 1983 (l’epoca è dettagliatamente ricostruita dal regista), ove appare la famiglia borghese dei Perlman, di origine ebraica-americana: è composta da Elio, adolescente inquieto, dal padre(interpretato da M.Stuhlbarg), colto professore che invita ogni estate giovani dottorandi, e dalla madre Annella (A.Casar), donna intelligente e sensibile che per prima coglie l’improvvisa metamorfosi del figlio di fronte a nuovi incontri.
Puntualmente i tre trascorrono le vacanze in una seicentesca villa di Crema, immersa nel verde e stracolma di preziosi libri, sinonimo di un patrimonio indispensabile per l’uomo, che nulla sembra essere di fronte a quei venti di passione che soffieranno sui protagonisti del film.
In questo ambiente intellettuale quanto brioso, tutti parlano almeno due lingue, mentre poesia e musica sono al centro degli interessi di Elio, che vive le inquietudini tipiche dell’adolescenza.
L’arrivo dell’americano Oliver, giovane studente di archeologia invitato dal padre del ragazzo, catalizza l’attenzione della famiglia e degli amici per i suoi modi brillanti e disinvolti, che incontrano il favore di tutti tranne che di Elio, inizialmente irritato. La presenza di questo “Ospite” scatena echi pasoliniani che catapultano lo spettatore verso un grande passato, ma il regista riacciuffa il suo pubblico trascinandolo a vivere la forza dell’amore, capace di regalare all’uomo paradiso e inferno, illuminando in questo caso un contesto familiare foriero di visioni disarmanti.
La metamorfosi del rapporto tra Elio e Oliver, con la conseguente scoperta della vera identità sessuale del giovane, è vissuta in un’atmosfera dai tratti divaganti, impregnata dal desiderio sprigionato anche dai giovani corpi che si cercano. Le passeggiate dei due in bicicletta, in mezzo ad una campagna assolata, i bagni della comitiva di Elio nella zona lacustre che attornia la villa, i dialoghi fatti di fragorose risate e parole sussurrate, avvertono che un cambiamento travolgerà la coppia, ma non solo, in un girotondo di nuove emozioni.
La narrazione cinematografica è cesellata di una delicatezza quasi poetica, che si incrocia a quell’ironia capace di raccontare il periodo storico. Le rumorose cene di famiglia allestite all’aperto raccolgono commensali dagli animi caldi, che si interrogano sul rampante Craxi e sul suo pentapartito.
E’ in questo presente disincantato che Elio, ignaro delle disillusioni dell’esistenza, vivrà le sue prime esplosioni amorose inizialmente con la bella Marzia (E.Garrel), per poi trovare l’appagamento emotivo e fisico con Oliver. In un angolo sconosciuto ai più, Elio scoprirà un lato di sé inesplorato, che lo segnerà per sempre. Nel potente dialogo finale, Guadagnino lancia un doppio messaggio, cioè che l’amore è la chiave di volta dell’esistenza (“sono così invidioso di quello che c’è tra voi”, arriva a dire il padre all’addolorato Elio che vede ripartire Oliver) e che la sensibilità è capace di far comprendere le sfumature dei sentimenti (ormai annegato nella cultura, sempre il padre guarda con occhi nuovi le preziose emozioni che hanno vissuto i due giovani). E’ privilegio di pochi chiamare l’altro con il proprio nome.
Paola Olivieri