Piccole donne regia di Greta Gerwig. “Le donne hanno una mente, hanno un’anima non soltanto un cuore! Hanno ambizioni, hanno talenti e non soltanto la bellezza! Sono così stanca di sentir dire che l’amore è l’unica cosa per cui è fatta una donna, sono così stanca di questo! dice l’impavida Jo March.

11 06 2020.Il romanzo “Piccole donne”, firmato dalla scrittrice statunitense Louisa May Alcott, fu pubblicato in due volumi tra il 1868 ed il 1869 con il titolo “Little Women or Meg, .Jo, Beth and Amy”. Solo nel 1880, i due volumi divennero “Little Women“, che ebbe un immediato successo di pubblico diventando in seguito un classico della letteratura. Il romanzo dal carattere rivoluzionario è stato oggetto di ben otto adattamenti cinematografici. Tra le più celeberrime versioni di questo capolavoro ricordiamo quella del 1933 firmata dal regista George Cukor (autore di “Il mago di Oz”, ”Scandalo a Filadelfia”, ”My Fair Lady“, ”E nata una stella”) che fu presentata alla 2 Edizione della Mostra internazionale di Venezia: protagonista assoluta è la brillante Katharine Hepburn che da vita ad un impavida Jo March aggiudicandosi il premio come miglior attrice. Magnifica quanto romantica, è la trasposizione del 1949 diretta dal regista Mervyn LeRoy, il quale sceglie per interpretare le sue piccole donne un cast all star. June Allison è Jo, invece Elisabeth Taylor è una perfetta Amy, Janeth Leigh è la romantica Meg ed infine Margareth O Brien la sfortunata Beth. Il film fece subito centro al box office, il successo fu planetario aggiudicandosi nel 1950 l’Oscar nella sezione miglior scenografia. Senza scalfire il carattere brillante e pedagogico di questa intramontabile storia, la regista australiana Gilian Armstrong firma, nel 1994, una scoppiettante versione: nel cast spicca Wimona Ryder che ebbe una meritatissima nomination agli Oscar nella sezione Miglior attrice protagonista.

Nel 2019, la regista Greta Gerwig autrice di “Lady Bird”, firma un avvincente adattamento pulsante di originalità, destruttura temporalmente il racconto, segue il suo personalissimo percorso teso a sottolineare le diversità come le  contradditorie scelte delle quattro sorelle March. Il film si apre con la sagoma della esitante Jo March già in una fase adulta dietro una vetrata, è in attesa di entrare in una redazione newyorkese perché vuole vendere un suo racconto. La scrittura per Jo significa passione, emancipazione e quindi libertà. “Ormai il denaro è il solo scopo della mia mercenaria esistenza…mia sorella Amy è a Parigi e finchè non sposa un uomo assurdamente ricco spetta a me portare avanti la famiglia”, dice sarcasticamente la giovane. Queste parole sintetizzano che il matrimonio era l’unico destino per la sopravvivenza di una donna a metà Ottocento.

Quasi tutte le sorelle March vivranno il dilemma tra sogni e la realtà dell’epoca che relegava la donna al ruolo di madre oppure a moglie.

Joe è la più anticonvenzionale, lotta per l’emancipazione femminile, svetta tra le sorelle per una precoce maturità diventando la protagonista assoluta di questa avvolgente trasposizione. Appare ruvida, una femminista ante-litteram, assetata di cultura e soprattutto di indipendenza, sempre in corsa verso una sua affermazione, scappando da legami coniugali che possono imprigionarla in un cono d’ombra. La frizzante Joe non tradirà mai sé stessa, astutamente rifugge dalle maglie contrattuali di quegli editori che cercano di sfruttarla, nonostante sia precipitata insieme alla sua famiglia in uno stato di indigenza. La Guerra di Secessione ha richiamato il padre ad onorare la patria lasciando la moglie e le figlie al proprio destino. Jo, Meg, Amy e Beth non soccombono di fronte alle ristrettezze, anzi la loro adolescenza è spensierata, un tripudio di creatività: amano le arti, passano le loro giornata tra divertenti rappresentazioni teatrali e concerti nei quali si esibisce la timidissima Beth. Anche quando giocano rotolandosi per terra sono così diverse e complementari, ma aggrappate a quella solidità familiare, capeggiata da una madre caritatevole che ha trasmesso loro quella grinta atta a superare qualsiasi ostacolo. Le dinamiche familiari che reggono in piedi i March, si fondano sui grandi valori capaci di far ritrovare loro la felicità perduta anche dopo dolorosi lutti. La morte di Beth a causa della scarlattina, stringerà ancora di più la numerosa famiglia.

La regista, con occhi sensibili, sfoglia capitoli delle loro tumultuose stagioni della vita, tra flashback e flash forward  costruisce un intreccio che ha un suo tempo narrativo nel quale erompe il  lato emozionale delle ragazze che si apprestano a conoscere l’amore con la “A” maiuscola. Mentre le nostre piccole donne crescono, sognano destini meravigliosi scoprendo amaramente che gli spazi riservati alle donne sono esigui. Jo fugge a New York in cerca di opportunità, spezzando il cuore all’affascinante Laurie, rampollo di una ricca famiglia. Il matrimonio è l’unica scelta per le altre sorelle?   “Le donne hanno una mente, hanno un’anima non soltanto un cuore! dice Jo  ribellandosi  a questa convenzione coniugale “ Hanno ambizioni, hanno talenti e non soltanto la bellezza! Sono così stanca di sentir dire che l’amore è l’unica cosa per cui è fatta una donna, sono così stanca di questo!

La dolce Meg invece  che pecca di piccole vanità, sogna il grande amore e cerca nel matrimonio la realizzazione della sua vita. Durante un viaggio in Europa, Amy percepisce che il suo talento per le arti figurative è modesto, sceglie di seguire il consiglio dalla bisbetica zia March, una splendida Meryl Streep: il matrimonio con un uomo appartenente dell’alta società assicurerà quell’agognata stabilità economica a tutti i componenti della sua famiglia. Amy si sposerà, ma a grande sorpresa i suoi occhi di donna si incontrano con quelli del fascinoso Laurie di cui è innamorata fin dall’infanzia.

E Jo cosa farà? Con sorpresa alla porta della casa dei March, bussa l’affascinante professore Bhaer, conosciuto anni prima dalla stessa Jo a New York, quando l’uomo si avvierà al treno  le sorelle la spingono a corrergli dietro.

Il bacio tra i due sotto la pioggia, è un sognante finale che piace molto all’editore di Joe per il suo romanzo, ma le immagini che seguono ritraggono la nostra scrittrice impaziente e felice mentre aspetta di tenere in mano il suo romanzo. Jo è senza dubbio l’alter-ego di Louise Mary Alcott (e sicuramente della regista) che mai si immolò al matrimonio, anzi si affermò come scrittrice in una epoca molto complessa.

Paola Olivieri.

 

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