QUINCY JONES: “NON SI PUO VIVERE SENZA ACQUA E SENZA MUSICA

Quincy Jones: “Non si può  vivere senza acqua e senza musica”

Il documentario “Quincy”, scritto e diretto da Rashida Jones e Alan Hicks, offre un insolito doppio sguardo sulla vita privata e carriera leggendaria del musicista, direttore d’orchestra e produttore. Quincy Jones è stato vincitore di un Grammy Legend Awards, del Kennedy Center Honors e di ben 28 Grammy. Tutto il film sprigiona quella stessa forza emotiva che ha contraddistinto il musicista, capace di scavalcare qualsiasi barriera e di conquistare un ruolo di prima grandezza nel panorama musicale internazionale. Ben calibrati sono i salti temporali tra passato e presente, che precipitano lo spettatore in quella folle corsa di Quincy verso il successo. Le immagini repertorio, le foto d’epoca, i tantissimi frammenti di interviste di altre star, raccontano le sue coraggiose svolte che gli hanno aperto nuovi orizzonti.

Dotato di una intelligenza musicale aperta a nuove sperimentazioni ed accompagnato da una progettualità dal carattere visionario, ha fatto scelte radicali diventando un geniale arrangiatore, compositore di musica da film e mentore di artisti, perché capace di guardare oltre. Suscita interesse la visione del docufilm in quanto focalizza le evoluzioni del jazz dal dopoguerra ad oggi intrecciandosi ai cambiamenti sociali della vita americana. La rielaborazione biografica del re della Blackmusic, è condotta dal dialogo intervista di Jones con la figlia Rashida che ne illumina il lato emotivo, senza mai dimenticare che il padre è una icona vivente. Mentre Quincy ricorda la sua giovinezza, i sogni artistici divenuti realtà, i grandi amori e la nascita dei figli, si dipanano una girandola di emozioni che cadono a pioggia nell’appagante presente del musicista, ancora colmo di progetti insieme ad altre star.

Nell’ intreccio tra la memoria familiare dell’artista ed i traguardi professionali raggiunti con il jazz, che per lui ha valore di libertà e speranza, viene descritta la difficile affermazione di un artista di colore in un periodo storico (anni 50 e 60) ancora caratterizzato dal razzismo. Quncy vive una triste infanzia in ambienti pericolosi della Chicago anni ’40: traumatizzato dalla madre, affetta da disturbi psichiatrici ed in seguito ricoverata, viene cresciuto dalla nonna paterna, una ex schiava.

“ ho desiderato essere un gangster fino all’età di 11 anni””, dice   proseguendo: “ Feci irruzione in un’armeria, nella stanza accanto c’era un vecchio pianoforte a muro, lo suonai per un po’ e capii subito che quella era la cosa giusta per me. Iniziai con le percussioni, il trombone, il sassofono, il corno baritono, il corno francese, ma decisi che volevo suonare la tromba”.

Giovanissimo si trasferisce a Seattle e conosce un brillante pianista, due anni più grande di lui, di nome Ray Charles: tra i due nasce una grande amicizia, che anni dopo diventerà un importante sodalizio artistico. Per quattro anni è parte della Band Lionel Hampton, riscuote successo, va in tournèe, ma percepisce che la sua espressione musicale è nell’arrangiamento di songs. A New York iniziano le grandi collaborazioni con Count Basie, Dinah Washington, Dizzy Gillespie, Miles Davis.

Nel 1957 sbarca a Parigi, incontra Nadia Boulanger, l’insegnante e mentore di altre leggende come Bernstein e Stravinsky, studia teoria e composizione musicale: ” Quincy ,ci sono 12 note e tu devi investigare cosa hanno fatto i musicisti con queste 12 note ”  gli disse la Boulanger .

Gira per un anno in tutta Europa con la sua grandiosa orchestra, mettendo in scena “Free and easy”, canzoni scritte da Harold Arlen; nonostante il successo riscosso, rimane senza denaro e torna in America.

Le sue sorti lavorative sono risollevate da un prestigioso incarico, diventa in assoluto il primo afroamericano a ricoprire l’incarico di vice presidente della Mercury Records.

Nel 1964 riceva la telefonata che gli cambia la vita: quella di Frank Sinatra. The Voice, stima il suo binomio musicale con Count Basie e gli chiede di arrangiare il suo nuovo album “It Might as well be Swing”. La direzione di Quincy fece la differenza nelle registrazioni, dice Sinatra in una intervista dell’epoca: “l’orchestra lavorava più duramente di prima, ora che avevo Quincy”. Tra questi due giganti nasce una intesa artistica perfetta, foriera di grandi successi e corroborata da un rapporto di totale fiducia.

In tutti gli anni in cui abbiamo lavorato insieme  come con Ray Charles,non abbiamo mai  firmato un contratto ,solo una stretta di mano dice Quincy.

Nella  mitica missione dell’Apollo 10, gli astronauti  attraverso dei mangianastri a 240.000 km dalla Terra fecero ascoltare  “Fly to the moon” arrangiata sempre da Quincy Jones.

Dopo la collaborazione con Sinatra sente il desiderio di cimentarsi in un territorio nuovo, la composizione di musica da film. Collabora ne ” Omicidio al neon per l’ispettore Tibbs””, “A sangue freddo”, “Getaway”, “ Fiore di cactus., “il colore di Viola “etcc.

Nel corposo documentario le grandi svolte, i successi ed i grandi incontri sono alternati da avvenimenti della sua vita privata, nei quali compaiono la nascita dei suoi legami sentimentali, allietati dai figli.

L’incontro con Michael Jackson è per entrambi folgorante e segna la storia della musica pop.  Quincy sul set del musical all black “The Wiz”, firmato da Sidney Lumet, conosce un dinamicissimo ma già perfezionista Michael Jackson: ne intravede le potenzialità artistiche, facendole emergere con l’ausilio di grandiosi arrangiamenti  suonati da grandi interpreti.

Esce di Jackson “Off the wall”, che vende circa venti milioni di copie. Segue “Thriller”, un successo planetario senza precedenti e cinque anni dopo anche “Bad”, con esiti grandiosi non eguagliabili al precedente. Nel 1985 produce e dirige il brano «We Are the World», scritto a quattro mani da Michael Jackson e Lionel Richie. L’iniziativa musicale a carattere benefico, ha la finalità di raccogliere fondi per L’Etiopia, piagata da una terribile carestia.

Quincy non è solo abile produttore, è da sempre impegnato in tantissime  cause umanitarie, ha fondato l’Institute for Black American Music”.

Paola Olivieri.

 

l’articolo contiene frasi del documentario

I commenti sono chiusi.