12 09 2019.Durante la 76 Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, alcuni film appartenenti a sezione diverse, hanno affrontato il tema della genitorialità che si è incrociato con quello della maternità e paternità. Il Festival si è aperto con “La veritè”, firmato dal regista giapponese Hitokazu Koreda (insignito nel 2018 della Palma d’oro a Cannes per “Affari di Famiglia”). E’ interpretato da un cast stellare composto da Catherine Deneuve, Juliette Binoche ed Ethan Hawke. Catherine Deneuve e Juliette Binoche, sono rispettivamente madre e figlia. Fabienne (Catherine Deneuve) è una icona del cinema giunta alla fine della sua carriera, è circondata ancora da uomini che la amano, mentre Lumir (Juliette Binoche) fa la sceneggiatrice in America dove è sposata ad un attore di serie B.
L’affascinante Fabienne, ha vissuto egoisticamente solo per la sua carriera dimenticandosi di creare uno spazio emotivo per Lumir, che subendo questo abbandono è una donna provata. Quest’ultima torna a Parigi perché la madre pubblica le sue memorie, è in cerca “forse “di rivalse emotive, vuole dimostrargli che si è creata un nucleo familiare felice. Il regista scava, dentro quel conflittuale e ambiguo rapporto, tutte le dinamiche che tengono in vita il loro legame, talmente lacerate che è quasi impossibile ritrovare la verità. “Cosa scegliereste, tra una verità crudele e una bugia a fin di bene? Dice il regista. E’ difficile riacciuffare la verità in questo contesto, perché gira intorno alle protagoniste. La bugia rende meno amara la vita, a volte è un ideale strattagemma capace di pacificarci e ricondurci ad una riconciliazione.
Alcuni tessitori di questa edizione, hanno scandagliato il delicato momento nel quale una donna impossibilitata a concepire un figlio si spinge verso l’illegalità, incontrando un’altra che rifiuta la maternità vendendo il proprio nascituro. Attraverso “Sole” di Carlo Sironi, film entrato a pieno titolo nella sezione Orizzonti, lo spettatore è precipitato dentro una problematica a cui è difficile dare un giudizio, di sicuro il regista, (non è il primo ad affrontare questa tematica), offre ai personaggi un sensibile cambiamento di rotta. Questa evoluzione è stata resa credibile per l’alchimia tra il regista ed il talento attoriale dei giovani protagonisti. Di grande impatto emotivo è la storia Pelikanblute di Katrrin Gebbe, appartenente alla sezione Orizzonti. Una madre single, molto coraggiosa, adotta Raya, una bambina che scoprirà essere emotivamente morta a causa di un passato terribile. Le reazioni della piccola sono violente, trasforma in un incubo il presente della famiglia che l’ha accolta. Questa madre adottiva che non ha portato in grembo la piccola, pur di offrire una seconda opportunità a Raya, si spinge oltre i limiti, volta le spalle alla scienza per seguire sentieri molto discutibili.
Una grande sorpresa è stato il film “Bik Eneich Un fils”, firmato da Mehdi M. Barsaooui. E’ ambientato in Tunisia: una famiglia appartenente alla upper class subisce un attentato, il figlio della coppia di nome Aziz è gravemente ferito. Ha bisogno del trapianto del fegato che implica dei test di entrambi i genitori, i risultati di questi esami cambieranno il presente di quella famiglia.
L’orgoglio di Fares (il capofamiglia), è ferito. La magistrale interpretazione dell’attore francese Sami Bouajila che tiene incollato il pubblico, corre con agilità interpretativa su una gamma di emozioni contraddittorie. La delusione di Fares si intreccia con la rabbia, che si placa solo quando Aziz lo chiama mentre è disteso nel letto. Mentre la madre si dichiara disposta a tutto , l’amore di Fares per il piccolo Aziz si rivela senza confine.
“Sole“, “La veritè”, “Pelikanblute” e “Bik Eneich”, sono ambientati in quattro diversi angoli del mondo che si poggiano su culture completamente opposte: il legame viscerale della maternità biologica, la scelta dell’adozione e la conflittualità tra genitori figli, attraversando i plot dei film sopracitati, corrono tutti con modalità diverse verso la riconciliazione familiare.
Paola Olivieri