Festival di Cannes: L’attore Antonio Banderas vince la sezione Miglior Attore per “Dolor y Gloria” regia di Pedro Almodovar.

 

DOLOR Y GLORIA

Regia di Pedro Almodovar

Cast composta da : Antonio Banderas, Penélope Cruz, Asier Etxeandia , Leonardo Sbaraglia ,Nora Navas,Cecilia Roth, Raúl  Arévalo,Susi Sanchez, Julieta Serrano, Eva Martin, Julián López

24 05 2019Guardando i primi quindici minuti di “Dolor y gloria” di Pedro Almodovar, presentato  in concorso al Festival di Cannes, viene da domandarsi: “Dove sono quelle appassionanti donne almodovariane, eterna forza generatrice e capaci di farci battere il cuore?  In questo film la musa di Almodovar è un uomo, Salvador Mallo (Antonio Banderas), regista in crisi interpretato dal suo attore feticcio Antonio Banderas. Pedro, giocando con le vocali e le consonanti del proprio cognome, vezzosamente ha creato nome e cognome del suo personaggio.

Mentre vediamo nel grande schermo Salvador camminare curvo, afflitto da un passato irrisolto, il pensiero corre a quell’universo cinematografico del regista, dominato sempre da figure femminili, dove gli uomini sono relegati a ruoli di secondo piano. Di queste “femme fatale”, a volte madri, a volte mogli, a volte amanti, a volte suore, è piacevole ricordare il volto dell’attrice Carmen Maura, grande collaboratrice del regista e protagonista di “Donne sull’orlo di una crisi di nervi”. Ma anche la picassiana Rossy De Palma, che lascia un segno col suo volto irregolare quanto indimenticabile, da sempre personaggio secondario, ambasciatrice di una bellezza fuori dai canoni, attrice in “Légami” (1990), “Kika” (1993), “Il fiore del mio segreto” (1995), “Gli abbracci spezzati” (2009) e “Julieta” (2016).

Tra le figure femminili importanti per Almodovar c’è anche Cecilia Roth, che nel drammatico film “Tutto su mia madre” buca lo schermo con la toccante interpretazione di una donna che cerca disperatamente il padre di suo figlio. E che dire di Maria Paredes, categoria diva, divoratrice di amori folli, al centro di situazioni surreali? E’ la madre della fragile ed inquietante Rebecca, interpretata da Victoria Abril nello splendido “Tacchi a spillo”.

Infine Penélope Cruz Cruz, ormai parte dell’universo almodovariano: entra nella sua cinematografia con un personaggio secondario in “Tutto su mia madre” (Rosa, una suora incinta e sieropositiva) ed è protagonista di “ Volver”, ”Gli abbracci spezzati” e “Dolor y gloria”, dove veste i panni di una madre che incarna i valori e la forza della Spagna del passato.

Tutte queste attrici sono magnifiche creature che sguazzano in un immaginario coloratissimo e sgargiante, protagoniste di storie apparentemente assurde e paradossali ma che, con sincerità disarmante, raccontano le vie misteriose del cuore. Mentre i loro partner improbabili fuggono o cambiano identità, loro amano, piangono, ridono, giocano dentro intrighi, indossano tacchi a spillo, parrucche, si abbigliano con abiti stravaganti, uccidono per amore o l’amore lo inseguono disperatamente. Con Almodovar tutto è possibile.

Ecco perché, con “Dolor y gloria” il regista spagnolo ci sorprende ancora una volta. E lo fa con una pièce cinematografica dal sapore autobiografico, capace di giocare e correre dentro le suggestioni poetiche, spingendole a vibrare con una potenza espressiva ipnotizzante al limite dell’inverosimile.

Mallo è un personaggio molto vicino al regista. “Se penso ai singoli fatti della mia vita direi che Salvador Mallo mi rappresenta al 40%. Ma nel profondo sono io. Al 100%”, dice Almodovar che prosegue: “Il lato autobiografico non riguarda solo il personaggio di Salvador. La casa è una replica fedele della mia: i mobili, i quadri, opera di autori che hanno vissuto con me la movida degli anni Ottanta. Antonio sa tutto della mia vita di allora. È, legittimamente, il mio Mastroianni” (“I tormenti di Almodovar: Banderas ormai è il mio Mastroianni” di Stefani Ulivi, Corriere della Sera, 15 maggio 2019).

In questo film Banderas porta in scena il dolore di un uomo annichilito, sofferente per i postumi di un intervento chirurgico che non gli permettono di tornare sul set; ciò provoca in lui un vuoto, che si intreccia alla sua crisi artistica facendogli percepire una realtà decolorata. “I tuoi occhi sono cambiati” gli risponde la sua assistente mentre Salvador afferma che la pellicola di un suo capolavoro è sempre la stessa.

Dentro la sua dimora lussuosa, coloratissima e colma di opere d’arte, l’uomo, avvitato nella propria solitudine, prova a fumare eroina ma a nulla serve: la sua vera dipendenza è nei confronti del cinema, in questo momento lontano. Precipitato dentro un travaglio psicologico, smarrisce le coordinate della creatività, vive compresso in un presente che scorre senza che niente muti.

E’ il momento di guardare il passato, aprire il vaso di Pandora e raccontare: Almodovar, con coraggio e umiltà, parla al suo pubblico, commuovendoci come pochi registi sanno fare. In questa confessione vera o presunta, viene da chiedersi: esiste un confine tra intime riflessioni, verità esclusivamente personali e finzione cinematografica? Nel cinema, veridicità e fedeltà alla realtà possono rivelarsi noiose. Il regista parla il linguaggio delle emozioni e per questo si rivela disarmante e capace di ipnotizzare e inglobare a sé il grande pubblico.

Erompono gli improvvisi salti temporali che ci scaraventano in una Spagna arretrata, assolata di desideri, dominata dalle barriere del franchismo. Il piccolo Salvador scopre la cultura, sarà costretto a studiare in seminario, non per diventare prete ma per sfuggire ad un futuro di povertà. Questi ricordi invadono il presente incerto di Salvador, risvegliano con prepotente vitalità situazioni sopite, chiedendo spiegazioni o forse ricongiungimenti, immaginati o sognati. E’ giunta l’ora di dipanare l’aggrovigliata matassa del passato, di scoprire e narrare dolore e gloria: la vita non è stata raggomitolata da un solo filo dello stesso colore, anzi, spesso quel filo si è spezzato lasciando fratture.

Scivolando in questo doppio sogno, mero crocevia di emozioni, si scopre un quadro più completo della vita di Salvador: un mosaico attraversato da successi ed eccessi, che ha perduto dei frammenti. Erompono ricordi della sua infanzia poverissima ma felice, vissuta in un paese sperduto della Spagna con la madre Jacinta (Penélope Cruz), una donna cattolica, tenera e pragmatica interpretata dalla splendida Penelope Cruz. La morte della madre, che gli ha rimproveto di non essere stato un bravo figlio, lascerà un solco dentro di lui.

La precoce passione per il cinema si sazierà in età adulta con la realizzazione di opere cinematografiche di successo, mentre nell’adolescenza le sue pulsioni sessuali di fronte alla nudità di un giovane muratore lo faranno svenire e vivere con smarrimento nuove emozioni.

In questa girandola di incontri, alcuni immaginati altri reali, Salvador si trova faccia a faccia con Alberto (Asier Etxeandia), protagonista del film “Sabor” (forse il suo capolavoro), al quale non parla da trenta anni. L’ incontro lo condurrà ad una svolta impensata, facendolo catapultare in un passato colmo di successi, quando infrangeva barriere ma pativa gli strali di un amore finito.

“Dolor y gloria” è dunque il film della presa di coscienza e della riappacificazione, il cerchio della vita che prima di chiudersi chiede il conto: se la nostalgia emoziona ancora il protagonista, una scintilla proveniente dal passato gli riaccende la creatività permettendogli ancora di saziare la sua fame di cinema.

Paola Olivieri

Modifica avvenura 26 maggio 2019

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