Piero Gherardi e Mario Monicelli:Cappelli, acconciature e veli.

Piero Gherardi , nato a Poppi( Arezzo) il 20 novembre 1909, si è distinto per la sua poliedricità artistica: costumista brillante e di rara intelligenza, originale scenografo,arredatore cinematografico,può essere ricordato come geniale uomo di set.

Collaborò con i registi Dulio Coletti , Mario Monicelli, Luigi Comencini, Luigi Zampa e con gli scenografi Mario Chiari e Mario Garbiglia, in veste di arredatore  per i kolossal ”  “Guerra e Pace” di King Vidor e ” La diga sul pacifico”( 1957) René Clément. Firmò i costumi e le scenografie di ” Anni facili” ( 1953) , diretto da Luigi Zampa, ” I soliti ignoti”( 1958) e ” L’Armata Brancaleone”( 1966) di Monicelli, regista con il quale strinse un intenso rapporto di amicizia.

Questo brillante e curioso toscano dalla cultura raffinata, aveva l’innato talento di assemblare,reinventare e ricordare stili,incastonandoli in una visione onirica che richiamava la cultura dell’epoca. Stimatissimo da grandi registi ,ha lasciato un segno nella storia del cinema.

Se da una parte ha ricostruito in studio allestimenti grandiosi , dall’altra,come ricorda Luciano Ricceri in una intervista rilasciata a Gianni Sorrentino (pubblicata su ASC INCONTRI,il periodico dell’Associazioni Italiana Scenografi Costumisti Arredatori in Cinecittà Studios) ” ha fatto capire a tanti registi la necessità di ispirarsi al vero”.

Gherardi ha creato costumi per l’esilarante ” L’Armata Brancaleone”, ha scelto insieme a Monicelli location adottando un occhio capace di far convivere in un immagine filmica  dettagli di epoche lontane con un presente totalmente rienvemtato.

I fastosi costumi – del resto la fastosità sarà una caratteristica rappresentativa di Gherardi-infiorettati da guizzi narranti,diventano protagonisti, quasi sempre corredati da vistosi ed enormi cappelli complicati da indossare . Le sorprese più grandi si scoprono infatti sotto i copricapi femminili, in quanto le pettinature da un lato ricordano il trend di varie epoche, dall’altro mostrano linee dinamiche da sembrare simili ad architetture.

Catherine Spaak, che interpretava Matelda , ricorda ancora la difficoltà di indossare il copricapo del suo banchetto nuziale, tenuto su da ” alcuni fili di nylon fissati sopra la testa. Ci voleva tanto tempo per preparate tutto , ci volevano tutte le mie doti di equilibrio per evitare che il cappello andasse fuori asse” ( L’Armata Brancaleone un film di Mario Monicelli”- Paura e fascino . Il Brancaleone di Catherine Spaak” Steven della Casa , Edizione Lindau)

La tavolozza cromatica è festosa nella sua aderenza alla materia : le tinte sono dense , capaci di saturare il grande schermo , la gamma germogliante è inusuale. Matelda è avvolta in abiti candidi abbacinanti, la Vedova tentarice ( Maria Grazia Buccella) che vive in lidi lontani ,ormai colta da peste, indossa un abito nero da Angelo della morte. E come dimenticare la buffa corona adagiata sui candidi capelli  del sire dei Leonzi , o quelle improbabili padelle che indossano i soldati di Brancaleone?  Gherardi  da vero toscano non si dimentica della sua terra: per l’Armata Brancaleone torna in Casentino,dove era nato , e sceglie per i costumi del film il celebre panno Casentino, che rispetta le fasi di lavorazione tipiche del retaggio medievale. Fu proprio la fedeltà alla tradizione a colpire lo scenografo e a convincerlo a utilizzare una stoffa che continua ad essere utilizzata.

Cappelli ,acconciature e veli di ogni colore  sono sempre bellissimi : la loro diversità forgia una omogeneità taomente preziosa che siamo indifferenti al coktail di stili. Sono forme sfacciatamente eccessive,segni di grande fantasia . Ma che viene da chiedersi: perchè Gherardi ci offre questa destabilizzanti visioni? I cappelli sono elementi funzionali , rappresentazioni del personaggio,ma regalano anche un sapore fiabesco. Non c’è da stupirsi abito e acconciature di Brancaleone siano disseminati di dettagli provenienti da epoche lontane fra loro: predominano due colori  ( il bianco e il nero), la camicia leggera a collo rigido è intramezzata da inserti all’uncinetto , le allacciature sono corredate da appariscenti sfere, l’elmo sembra rinascimentale. La scelta di dipingere il cavallo  Aquilante  di Brancaleone color giallo canarino ricorda la vivacità della cultura pop emergente anni 60.

Il destriero è un personaggio che perfettamente si integra in quella schiera di straccioni, subendo i vezzosi in fiorettamenti, specialmente quando è adornato da una rete nera che spicca sull’artficioso manto.

Da parte sua ,il nobile Teofilatto dei Leonzi ( GianMaria Volontè) indossa una tunica bianca, corredata da un berretto frigio, ma a spiccare è la camicia violacea,colore prediletto di quei lascivi bizzantini.

La gamma dei toni chiari è invece destinata invece a Zeppone e al Sire dei Leonzi. Il monaco Zeppone ( Enrico Maria Salerno) indossa una lercia tonaca di tela grigia, piena di toppe.

Ha gli occhi accesi, cammina a piedi nudi con uno strano bastone ,intona bizzari moniti “Acoltate Zeppone Palamende!Omini affortunati! La salvezza vi porto. ” Se a noi vi unirete la vita serberete”. Da parte sua , il massiccio Guccione indossa un cappello da cowboy  e un abito arancio.

Tutto questo è incantamento visivo così vivace che dopo Gherardi non si è più ripetuto.Sia nei film felliniani  che in ” Pinocchio ” di Comencini appaiono allestimenti scenografici ricreati in teatro oppure nei più disparati luoghi,arricchiti da oggetti particolari, adatti a fare da cornice ai singolari personaggi di queste opere.

Nell’Armata Brancaleone” il divertente idioma dei dialoghi,dai quali traspaiono acute osservazioni ancora attuali, le gag che accompagnano le peripezie dei personaggi , lo splendore dei costumi hanno reso il film indimenticabile

Quando uscì , il film fu immediatamente aprrezzato dalla critica e dal pubblico . E’ un film cult

Paola Olivieri.