Dalle gelide acque del nord arriva Ruben Östlund con ” The square”

14 12 2018.“The Square”, che si è aggiudicato la Palma d’Oro al 70° Festival di Cannes, è firmato da Ruben Östlund ed interpretato da Elisabeth Moss, Dominic West, Claes Bang, Terry Notary, Linda Anborg, Annica Liljeblad.

Correndo attraverso situazioni paradossali, quasi squilibrate e squilibranti, il film analizza il lato fasullo dell’arte contemporanea, scivolando poi nelle contraddizioni dell’uomo moderno, diviso tra idealismo e cinismo, incapace di grandi azioni perché avvitato nel freddo individualismo che frena ogni empatia e senso di responsabilità.

Il protagonista è Christian, curatore di un importante Museo d’arte contemporanea di Stoccolma e padre di due bambine. A suo dire l’arte ha un’azione salvifica per l’uomo: per questo, vive con trepidazione l’inaugurazione della mostra “The Square”, dove l’opera protagonista è il perimetro di un quadrato appoggiato a terra. Come scritto nella targa dell’installazione, “Il quadrato è un santuario di fiducia e altruismo. Al suo interno tutti dividiamo gli stessi diritti e doveri”.

 

Ma cosa succede quando Christian esce da quel quadrato? E’ indifferente e imperturbabile verso i diseredati che incontra per strada e risponde con piccole azioni solo quando la richiesta di aiuto è urlata.  Fa parte di una collettività fredda, resa ancora più diffidente dai divari sociali ed economici nati dalla recessione.

 

Saranno le conseguenze di un evento quasi banale a far deragliare questo personaggio, suscitando in lui un vero e proprio terremoto interiore. Durante l’allestimento della mostra, mentre attraversa la piazza antistante il Museo, viene bloccato da una donna urlante che afferma di essere in pericolo di vita. Nel parapiglia, Christian si accorge di essere stato derubato del cellulare e del portafoglio. Insieme al suo assistente, innesca una trappola per costringere il ladro a riconsegnare la refurtiva: di fronte ad un bicchiere di vino rosso, i due scrivono una lettera minatoria a tutti i condomini di un palazzo di periferia da cui è giunto il segnale GPS del cellulare rubato. Questo gesto scatenerà un caos: ne farà le spese un bambino dai capelli nerissimi, forse immigrato, che urla a Christian la sua innocenza, metafora di un’umanità defraudata nella propria dignità.

Esplode allora nell’uomo un grande senso di colpa, che erompe in un messaggio video inviato al piccolo. Un mea culpa metaforico, simbolo del mea culpa dell’intera società: azioni e valori si aggroviglieranno per la sua incapacità di tenere fede alle leggi morali.

Angosciante è la performance di un artista che, interpretando gli istinti dell’animale predatore, infierisce con violenza sui malcapitati seduti ai tavoli del lussuoso galà del Museo: la responsabilità individuale e la coesione sociale vengono meno, nessuno tra gli invitati interviene, tutti restano chiusi nel loro individualismo e immobilismo. A cascata, vigliaccamente ognuno attende il primo passo degli altri.

Ma qual è, allora, la funzione dell’arte?  Nessuna, quando il suo messaggio viene contraffatto.

Mentre “The Square” corre attraverso un sarcasmo pungente, l’analisi di Ruben Östlund sulla società attuale si allarga a macchia d’olio su più fronti. Sotto accusa non è soltanto l’universo dell’arte contemporanea, scandito dai diktat del marketing, ma anche il mondo dei media, sempre alla ricerca di un crescente sensazionalismo.

L’inquietante clip pubblicitaria per promuovere “The Square” rivela quanto l’immagine sia potente, invasiva e capace di interagire in modo brutale con la collettività. “La clip – spiega il regista – esemplifica il ruolo dei media nel modo in cui noi guardiamo alla realtà e la fraintendiamo. Credo sia essenziale analizzare questo ruolo, perché le immagini in movimento restano il più potente mezzo d’espressione che abbiamo mai avuto, nonché il più pericoloso. Al tempo stesso, un mezzo come il cinema può fornirci una straordinaria chiave d’accesso al mondo e a nuove esperienze, stimolando il pensiero critico verso aspetti della vita che diamo per scontati”.

Condivido il pensiero di Federico Pontiggia quando sul “Il Fatto Quotidiano” del 10 novembre 2017 afferma che il film “punta sullo straniamento del pubblico, sulla provocazione fine a noi stessi, sull’allontanamento dalla zona comfort dello spettatore, sul cinema quale terreno residuale e però privilegiato per riflettere, ridere e provare disagio, e ripetere la serie. Satira sociale, eterodossa commedia dell’arte e commedia umana, umanissima, ‘The Square’ è tante cose, ma lo si ammira ancor più per ciò che non è: banale, scontato, pastorizzato”.

 

Paola Olivieri

 

 

I commenti sono chiusi.