SEGRETI DI FAMIGLIA
27/06/2016
Una mostra allestita a New York celebra la grande fotografa di guerra Isabell Reed ( Isabelle Huppert) drammaticamente scomparsa tre anni prima in un incidente d’auto proprio vicino casa. L’evento riunisce, ma non ricompatta, ciò che resta di quel troppo silenzioso nucleo familiare su cui spirano i venti dell’inadeguatezza e della depressione. La figura di Isabell è complessa, le sue foto scoperte casualmente dal figlio maggiore, raccontano una vita parallela: dinamica e amante del rischio nella vita lavorativa, quanto incapace di vivere una continuità affettiva in quella familiare.
Il marito Gene ed i due figli percepiscono il lutto ciascuno in relazione al proprio sentire e ai propri meccanismi emotivi. Il regista, infatti, fotografa l’alienato marito (Gabriel Byrne) che ha un rapporto di incomunicabilità con il figlio minore Konrad, adolescente enigmatico e scontroso. Il figlio maggiore, Jonah, da parte sua, vive il disagio della perdita della madre in modo anomalo: basti pensare a quando, con la scusa dell’allestimento della mostra, non fa rientro a casa dalla moglie che ha da poco partorito il loro bambino. Questo per la sua incapacità di canalizzare l’amore. Ma alla radice del disagio dell’intera famiglia c’è il misterioso incidente di Isabell e la sua forte ma condizionante personalità che, seguendo quell’itinerante lavoro in giro per il mondo ha cambiato i loro equilibri.
Con “Segreti di famiglia”, il regista norvegese Joachim Trier, al suo terzo lungometraggio, firma un dramma non urlato cinematograficamente, ma frammentario come può essere il fluire delle emozioni . In stile giornalistico tratta la brillante attività fotografica della donna, mentre il suo disagio è percepibile nei lunghi sguardi e grandi silenzi che vive all’interno della sua famiglia. Questo appare nei flashbak che scorrono tra passato e presente. Sono messe a fuoco le figure dei sopravvissuti, vengono inseguiti nella rivisitazione dei ricordi come nei loro freddi ambienti . Niente combacia, le verità celate non possono essere più taciute.
La Huppert interpreta superbamente i lati materni della donna, quando non scivola nel suo distacco che la rende irraggiungibile anche nei confronti del marito, provocando spaesamento e senso di abbandono . Il ricordo di Isabell suscita continuamente emozioni contraddittorie.
Ma Trier sfoglia da diverse angolazioni la doppia vita di Isabell, posseduta dal desiderio di evasione e dalla passione lavorativa, ma incapace di reintegrarsi nella sua famiglia dopo quelle lunghe assenze. E’ in questo complesso territorio di confine mai dichiarato in vita , che sfocia il disagio della grande fotografa. Ma sarà il confronto tra i superstiti, “più forte di una bomba”, a preannunciare la quiete dopo la tempesta
Paola Olivieri